La guerraIl tranquillo svolgimento degli studi viene turbato dall’entrata in guerra dell’Italia. È chiamato alle armi e viene arruolato nell’aeronautica militare. Grazie alla sua condizione di studente, gli vengono affidate mansioni di ufficio ed è trasferito presso la base di Fornovo, nei pressi di Parma. Malgrado il difficile contesto storico, riesce a studiare e a dare degli esami a Firenze grazie alle licenze concessegli dai suoi superiori, con cui è in buoni rapporti.
Nel 1941 vince un concorso nazionale di scultura e si reca a Roma per la consegna da parte di Mussolini del premio “Bruno Mussolini” destinato ai vincitori dei “Ludi Juveniles” della cultura e dell'arte.
Nel settembre del 1942 completa gli studi al Magistero di Firenze e tiene la sua prima mostra personale alla Galleria d’Arte Bugamelli di Parma. Ha in previsione di sostenere un esame di ammissione alla Facoltà di Architettura, ma il suo coinvolgimento nell’occupazione della Corsica all’interno del VII Corpo d’armata stravolge i suoi programmi. Vive un periodo di guerra sul campo in qualità di Assistente Tecnico Edile per l’Aeronautica che si concluderà nell’inverno del 1943 e che in seguito ricorderà come un momento duro e difficile.
A sinistra Giuseppe Micieli ai "Ludi Juveniles" del 1941. A destra viene premiato da Mussolini. Fotogrammi tratti da filmati dell'Archivio Istituto Luce di Roma
Il rientro a Comiso dopo gli studi
Nell’ottobre del 1943, non ricevendo sue notizie da quattro mesi, la sua famiglia avvia delle ricerche tramite la Croce Rossa. Il 13 dicembre, ammalato di malaria, rientra in Italia a Olbia da dove riesce a fare rientro a Comiso imbarcandosi su una nave per Augusta. Comincia subito la sua attività di insegnante di disegno alla Scuola Media di Vittoria. Nel frattempo inizia a sviluppare la sua attività di ricerca artistica su temi a lui congeniali. Del 1944 si ricordano La notte per gli ammalati e Derelitta, ispirati a I fiori del male di Baudelaire, e una bella Maternità volutamente incompiuta, che mostra in modo evidente come l'artista si confronta con la pietra di Comiso, materia forte ed espressiva.
Nel 1944 Micieli ospita a Comiso Salvatore Cipolla, un suo giovanissimo parente di Mirabella Imbaccari che si era iscritto alla Scuola d’Arte di Comiso. Figura importante per la sua formazione, Micieli gli fa scoprire artisti come Pablo Picasso, Adolfo Wildt, Marino Marini. A soli venticinque anni riceve l’incarico di progettare la Cappella gentilizia del Cavaliere Polizzi a Mirabella Imbaccari di cui realizza tra l’altro i gruppi scultorei, un lavoro che lo avrebbe impegnato per circa un anno e mezzo. Nel 1946 partecipa alla Mostra Artisti Siciliani al Circolo Artistico di Caltagirone. A partire da quell’anno espone in numerose Mostre Sindacali d’Arte Regionali e Nazionali .
Completata la Cappella Polizzi, fa domanda di supplenza al nord Italia e la ottiene a Vicenza. In quegli anni conduce un intenso lavoro di ricerca e sperimentazione, creando una grande quantità di opere molto personali ed apprezzate. Collabora nel frattempo con un laboratorio di scultura in pietra e conosce lo scultore vicentino ed editore Neri Pozza. Nel 1948 partecipa al concorso per l’insegnamento di disegno nelle scuole medie riuscendo a vincerlo nonostante pochi posti e migliaia di concorrenti. Malgrado il suo desiderio di ottenere una cattedra in Veneto e di continuare ad operare in un contesto artisticamente dinamico e stimolante, Micieli cede alle insistenze dei genitori, soprattutto della madre, e rientra in Sicilia. In una lettera dell’ottobre 1949 l’amico Sgandurra gli scrive: “Che il posto tu l’abbia a Comiso e non nel Veneto, è cosa, a mio parere, che non ti dovrebbe eccessivamente angustiare come sembra tu faccia. Quando si ha per un sogno la febbre che tu hai, si vince ogni ostacolo. Tutto sta che quella febbre non cessi, e con un po’ di pazienza da Comiso arriverai ove più ti piacerà”.
Tra Comiso e
Vicenza
Rientrato a Comiso nel 1949, inizia a insegnare al Liceo Scientifico di Scicli. È di questo periodo un’intensa attività ritrattistica e di ricerche scultoree che lo porta a trattare la forma non soltanto ai fini della raffigurazione del reale ma anche come generatrice di spazio, dove i volumi, i piani e le linee vivono in modo autonomo e arricchiscono la struttura e la lettura dell’opera. La superficie della materia è ora levigata e tesa ora abbozzata, con un modellato reso volutamente evidente.
È di quell’anno l’organizzazione e la partecipazione alla Mostra regionale di Palazzo Busacca a Scicli insieme agli artisti Carmelo Cappello, Renato Guttuso, Biagio Brancato, Umberto Diano, Pippo Rizzo. Per il catalogo di questa mostra scrive un testo che mette in luce il grande fermento culturale che investe la comunità degli artisti siciliani. A Scicli diventa una figura di riferimento per Piero Guccione, un giovane appassionato d’arte che, terminata la scuola media, si accingeva ad iscriversi al Liceo Scientifico. Micieli convince i genitori di Piero a farlo iscrivere alla Scuola d’Arte di Comiso, una scelta che condizionerà positivamente il futuro del giovane artista.
Nel giugno di quell’anno partecipa alla mostra degli artisti siciliani contemporanei organizzata a Venezia dalla Direzione Belle Arti del Comune e dalla Biennale d’Arte, mostra che verrà poi esposta anche a Messina nel mese di agosto dello stesso anno.
Quelli a cavallo della fine degli anni ‘40 e gli inizi degli anni ‘50 sono anni di attività molto intensa, sia sul piano della creazione artistica che sul piano dell’organizzazione di eventi culturali nella sua Sicilia. Nel 1950 organizza con il “Gruppo Artisti di Comiso” - che aveva formato insieme a Biagio Brancato, Gioacchino Di Stefano, l’avvocato Salvatore Coppa e l’architetto Biagio Mancini -, il Premio Comiso 1950. La mostra è accompagnata da un catalogo con testo di Stefano Bottari, critico d’arte e docente all’Università di Messina, nel quale si evidenzia la vivacità culturale di Comiso: ”La presenza poi di artisti siciliani ormai ben noti, sia in Italia che in Europa, conferma l’alta considerazione che intorno a sé ha creato la Scuola di Comiso, e la fiducia riposta nei promotori della manifestazione.” Viene incaricata una giuria di primissimo piano che annovera tra gli altri il professor Guido Libertini, il professor Stefano Bottari, il pittore Mino Maccari, lo scultore romano Publio Morbiducci e lo scultore Saro Mirabella. Oltre a lui, vi espongono parecchi artisti tra cui Pippo Rizzo, Domenico Umberto Diano, Nunzio Gulino e il suo amico scultore Pasquale Sgandurra. La mostra ha molto successo, ne parla la stampa e la Regione promette il suo sostegno per altre iniziative del genere: non è poco per quell’angolo di Sicilia negli anni del dopoguerra.
Opere di Giuseppe Micieli esposte "fuori concorso" al "Premio Comiso 1950"
Nel 1950 espone una mostra personale al Circolo Artistico di Catania sul cui catalogo Alfredo Entità scrive: “L’atmosfera plastica nella quale [Micieli] si muove con destrezza è delle più aggiornate da spontaneo impulso. Qui trovi un putto che te lo fa giudicare sobrio quattrocentista non indegno discepolo dei maestri migliori. Lì un gruppo marcatamente espressionista […]”.
Nel 1951 si trasferisce nuovamente a Vicenza. In quell’anno espone la scultura Le confidenti al II Premio Nazionale di Terni, dove viene segnalato con un Diploma d’Onore e partecipa, insieme a prestigiosi artisti, alla III Mostra nazionale del Disegno di Reggio Emilia, accompagnata da un catalogo con testo di Elio Anceschi.
Col gallerista Stefano Cairola nel 1951 a Milano
Nella primavera del 1951 fa visita a Milano al gallerista Stefano Cairola, autorevole promotore dell’idea che l’arte debba essere incentivata anche nelle province più remote d’Italia. Con lui organizza la tappa di Comiso della mostra itinerante dal titolo 196 pittori al Giro d'Italia della pittura contemporanea, offrendo agli amanti dell’arte di Comiso l’opportunità di conoscere le opere di alcuni dei migliori e più noti artisti italiani del Novecento, tra cui Massimo Campigli, Giorgio De Chirico, Carlo Carrà, Giuseppe Migneco, Ottone Rosai. Si tratta di un importante evento culturale per la città di Comiso, che fa appassionare all’arte tanti giovani. Da quegli incontri e attività ha inizio un’amicizia e una proficua collaborazione con il gallerista milanese che apprezza molto il suo linguaggio artistico come si evince dalla loro corrispondenza.
È della fine del 1951 la sua prima partecipazione alla Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma giunta alla VI edizione. Nell’estate del 1952 vive ancora a Vicenza dove realizza tre sculture in pietra per la Prima Mostra della Pietra di Vicenza, finalizzata alla valorizzazione merceologica e all'uso artistico della pietra locale, organizzata dall’Ente Fiera di Vicenza nei Giardini Salvi. La mostra si sarebbe svolta nel mese di Settembre di quell’anno e gli verrà assegnato il II premio. Dal sito internet della collezione Salce: “Con alcune opere antiche, tra cui la Madonna tra i santi Vincenzo e Cristoforo di ignoto Maestro e l’Autoritratto di Orazio Marinali, ne figuravano molte di autori contemporanei: Mirko Vucetich, Giuseppe Micieli, Arturo Martini, Neri Pozza, Felice Canton, Alberto Viani, Aldo Calò...”. Lascerà Vicenza, gravato dai sensi di colpa che affollavano il suo animo per le pressanti richieste dei genitori ormai settantenni di far ritorno a Comiso.
"Maternità", "Il cavapietra", "Le sorelle" le sculture in pietra di Vicenza esposte all'Ente Fiera di Vicenza nel 1952.