di Renato Civello
in Giuseppe Micieli, catalogo della mostra, Galleria del Libro - Poidomani, Modica 1967

Una crescita che ponga, come quella di Giuseppe Micieli, la propria giustificazione radicale nel convincimento di scelta assoluta e nella fedeltà ad una disciplina interiore che imbrigli le punte estreme dell’istinto e salvi il flusso dell’arte e dai moduli della consuetudine e dalle sperimentazioni eversive, è certo concreta e tutt'altro che deludente.
Questo “contrappunto in variazione” sul tema del carrubo ce ne fornisce una prova: siamo di fronte ad un artista che diviene – senza eludere neanche nel bianco e nero i suggerimenti della coscienza plastica – accampando la propria maturità nell'area dell’ordine figurale. Il carrubo. Una forza ancestrale che conserva intatto il suo verde, in questo lembo di Sicilia così vicino all'Africa, sotto il sole che spacca le pietre, Micieli ha avvertito questa forza; e poiché il suo magistero è ben al di là degli stilemi e del vacuo teorizzare, egli ha voluto tradurre quel che ha sentito. Un simbolo, quasi, che è diventato sangue vivo e per questo ha assunto una carica trasfigurante. Ecco dunque i viluppi di tronchi e di rupi, gli intrichi che sembrano abbracci umani, fissati per sempre nel sortilegio di una stagione primordiale; ecco i giochi della corteccia, i rami scheletriti sul ceppo plurisecolare, braccia medusee che raccontano le ore dell’ebbrezza e della morte sulla lievitazione del fondo seppia.

Giuseppe Micieli. Disegni esposti alla Mostra alla Galleria Poidomani, 1967

Un ordito delicato e robusto ad un tempo, una elegia che sconfessa nel suo fervore unitario le attrattive del calligrafismo e perviene addirittura alla dimensione drammatica.
E’ un segno, quello di Micieli, che si rinnova assiduamente in salda rispondenza col dettaglio; e così, senza fiorire nell’arabesco gratuito o appesantirsi nel clima velleitario del linguaggio semantico, trova nella propria medietà la più lucida consistenza di evocazione. Niente è ambiguo, il discorso dell’artista è “costruito”, ma sempre in linea con la autenticità degli impulsi: la grafia mobilissima, ricca di imprevedibili morsure nel tocco unghiato e repentino, è tuttavia “bloccata”, come le testimonianze plastiche, in una significazione compendiaria antidescrittiva. E’ un determinarsi che sta interamente fuori del capriccio dialettico. E se talvolta la linea – è un giudizio che vale anche e soprattutto per le sculture – sembra disporsi in una cadenza astratto-geometrizzante, si tratta di un astrattismo funzionale, che recupera intatta la natura, contro il rischio stesso del naturalismo, nel suo rigore epifanico.

Questa la modernità di Giuseppe Micieli. Un artista di chiara estrazione mediterranea, uno scultore che ha costantemente rinsanguato le prospettive culturali della propria maturazione col calore di una terra per tanti aspetti straordinaria; e se può sembrare anacronistico classificare la sua produzione plastica, dove spira un’aura classicheggiante anche nei fermenti di “rottura”, col parametro dei valori siculo-grechi, non c’è dubbio che essa ritrae tutta la sua vitalità dall'adesione allo spazio geografico (che in definitiva è anche sociale e quindi umano e poetico) in cui si forma. Le componenti della statuaria di Micieli sono perciò singolari e nondimeno, senza essere condizionate nei risultati estetici, hanno una ferrea legittimità: nascono, queste sculture, dalla visione delle nostre rupi calcaree, dal bigio fortilizio dei rapaci su cui mille generazioni hanno tramato una storia di dolore e di speranza strappando un pane amaro all'avarizia della terra.

Giuseppe Micieli. "Ricordi d'infanzia" 1966, cemento"Ricordi d'infanzia" 1966, cemento

Enzo Maganuco inaugura la mostra di Giuseppe Micieli alla Galleria Poidomani - Modica, 1967
Giuseppe Micieli, Enzo MaganucoInaugurazione della Mostra personale di Giuseppe Micieli alla Galleria del Libro - Poidomani a Modica il 26 febbraio 1967. La mostra fu presentata dal Prof. Enzo Maganuco, titolare della Cattedra di Storia dell'Arte e Tradizioni popolari all'Università di Catania e di Messina, direttore del Museo del Castello Ursino di Catania, critico e saggista.


L’articolazione cubistica di molti blocchi, animati con pregnante allusività da motivi di animali e figure umane, si presta benissimo ad una definizione originale del rapporto soggetto visivo-memoria sentimentale, non per via di sollecitazioni formali, ma di intimazioni patetiche. Una misura d’anima. E’ significativo che Micieli stesso abbia qualificato le opere attuali come “ricordi d’infanzia”. E se la loro lettura propone la casuale analogia di ritmi brancusiani o le tensioni psicostrutturali di certo espressionismo tedesco, l’artista è ben lontano dall’ubbidire passivamente ad un archetipo di cultura o dall’assumere un cliché di assuefazione individuale: egli registra la compiuta armonia del proprio sentire, ripudiando tutto ciò che non gli sembri adeguato ad esprimerlo. Uno scultore di classe, che ha affrontato da tempo il problema estetico col privilegio di un impegno totale. Privilegio davvero responsabile in un’epoca come la nostra, pronta a disincantare a filo di cenere, di là del plauso programmato, tutte le aspettazioni che non siano sorrette da vero fuoco.
(In Giuseppe Micieli, catalogo della mostra, Galleria del Libro - Poidomani, Modica 1967, e  in "Artisti di Sicilia" Ed. Il Punto, Palermo, 1969)